Milano, città democratica e di pace ricorda oggi Francesco Rucci e commemora il trentacinquesimo anniversario della sua morte.

Agente di custodia del carcere di San Vittore, servitore dello Stato, a soli 25 anni è stato strappato con violenza dalla vita e dai suoi affetti, una giovane moglie al settimo mese di gravidanza.

Un crimine insensato progettato all'interno di un disegno folle che, oggi come allora, merita la nostra condanna più ferma e intransigente.

Voglio ricordare in proposito le parole che la moglie Antonietta ha pronunciato proprio in questo luogo, cinque anni fa:

“Essendo così benvoluto e apprezzato all’interno della struttura carceraria, mi chiedevo e continuo a chiedermi, con grande dolore e stupore, perché i brigatisti avessero deciso di compiere un omicidio tanto orribile. Le risposte le ho avuto in seguito al mio rientro in carcere dopo la maternità, dove svolgevo il mio lavoro di dipendente dell’ASL nell’assistere i detenuti. Certamente la sua uccisione non riguardava lui come persona, ma ciò che rappresentava: il simbolo dello Stato ligio al proprio dovere e, quindi, vittima designata a causa di un atti terroristico.”

Queste parole confermano che, nel loro disegno criminale, i terroristi hanno voluto colpire proprio un servitore dello Stato che con il suo impegno e la sua dedizione legittimava quelle istituzioni che loro volevano colpire.

Oggi siamo qui, in questo giardino inaugurato cinque anni fa, per rinnovare memoria e impegno. Non come atto dovuto e retorico, ma come gesto di responsabilità e giustizia verso i famigliari delle vittime del terrorismo e il loro dolore, spesso lasciate troppo sole, da una parte, e verso le nuove generazioni, che poco sanno, e spesso in modo confuso, di quegli anni.

Far conoscere i nomi delle vittime, far capire e sentire la concretezza dei drammi e le circostanze degli avvenimenti, condannare con intransigenza ogni forma di violenza: è una nostra responsabilità per dotare la nostra società di anticorpi sempre più forti a difesa della nostra democrazia.

Ad Antonietta e al figlio Francesco va il nostro affetto, la nostra vicinanza e il nostro ringraziamento per il modo con cui hanno vissuto questo dramma e per come lo hanno testimoniato negli anni.

19 settembre 2016

 

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