Care e Cari Milanesi,

oggi Milano rivive con fierezza le giornate che segnarono l’alba della libertà italiana nel 170mo anniversario delle Cinque Giornate.

Il 18 marzo 1848 una manifestazione pacifica dei milanesi oppressi dal governo imperiale austriaco costrinse Radetzky a riparare nel Castello Sforzesco. Le rivolte dei giorni successivi, che misero in scacco le truppe austriache, consentirono la nascita del Consiglio di Guerra e del Governo Provvisorio: le prime istituzioni autonome della Città.

Gli Austriaci ripresero il controllo di Milano il 23 marzo, dopo cinque giorni di gloria, di valore, di onore civile e militare conquistato sul campo. Parve, allora, una sconfitta. Ma ad essere fragile e provvisoria non era la libertà milanese e italiana, bensì proprio la ripresa del potere da parte degli austriaci. Di lì a pochi anni, anche grazie all’innesco delle Cinque Giornate e degli altri moti del 1848, prenderà avvio il Risorgimento e la lotta per l’Italia libera e unita, e in modo più ampio la costruzione dell’Europa contemporanea.

Oggi sono qui con noi gli eredi diretti di quelle giornate: la Scuola Militare “Teuilé” che il Governo Provvisorio trasformò in “Scuola di Artiglieria e Genio” e che fu per questo punita dagli austriaci con la destinazione ad Ospedale Militare. A loro, qui presenti con la Compagnia Allievi, Milano consegna ogni anno il Tricolore che sventolò sulla Guglia maggiore del Duomo per dare coraggio non solo ai Milanesi ma a tutti gli italiani nella battaglia per la libertà. La Scuola la riconsegnerà alla città nel giorno del giuramento degli Allievi del primo anno di Corso.

Proprio il Tricolore è al centro delle manifestazioni cittadine, diffuse in molti luoghi in occasione del 170esimo. Tra tutte ricordo l’esposizione da domani al Museo del Risorgimento di via Borgonuovo 23 della tela 'Milano 18 marzo 1848. Inizio della Rivoluzione delle Cinque Giornate' di Salvatore Mazza (Milano, 1819-1886). Il dipinto è divenuto il simbolo delle Cinque Giornate e raffigura le barricate e la folla che si riunisce intorno al Tricolore. Una occasione anche per riscoprire un Museo prezioso e affascinante della nostra Città.

Un saluto speciale va alla Banda dei Martinitt. Furono proprio i Martinitt, ragazzi del popolo, a offrirsi come messaggeri tra le diverse zone della rivolta milanese. Quei ragazzi, quei giovani, in qualche caso addirittura bambini, vanno ricordati per il loro esempio. Quei piccoli milanesi, in tanti casi nati in famiglie modeste di Milano e di tanti paesi lombardi, furono tra i più pronti ad esporsi alla morte, malgrado la giovane età.

Oggi noi siamo chiamati a fare memoria, per far rivivere gli ideali e il coraggio che mossero un popolo, quello di Milano, alla libertà. Ma siamo chiamati anche a capire sempre meglio cosa ci lega in profondità a quei giorni gloriosi.

Io individuo tra i tanti un aspetto di continuità tra la Milano di oggi e quella degli insorti del 1848: l’unità cittadina.

Nella Milano del 1848 vi erano, come sempre nella storia, diversità politiche e sociali anche profonde. Vi erano visioni e prospettive diverse nello stesso Governo Provvisorio: liberali, federalisti, mazziniani, democratici si confrontarono anche aspramente sulle strategie e sugli obiettivi. Vi erano classi e condizioni sociali diverse. Ma furono capaci di unità verso la vittoria.

Lo furono perché anteposero a tutto l’amore per la libertà. È un fatto che ricorda da vicino quanto avverrà in seguito nel corso del Risorgimento, e poi della Resistenza e nell’Assemblea Costituente, e poi ancora negli anni duri della lotta al terrorismo: diversità al lavoro insieme nel superiore interesse di tutti.

Un pragmatismo e una concretezza milanese che ha sempre fatto scuola a tutto il Paese. Quanto questo pragmatismo, questa concretezza e questa responsabilità occorrano al Paese oggi, in questo momento, lo vediamo tutti.

Questo tricolore che il conte Luigi Torelli fece sventolare sul Duomo al termine delle Cinque Giornate, sia per tutti il segno che Milano innalza ancora oggi per tutto il Paese e per l’Europa: sia l’invito a lavorare per costruire, sia il segno di un invito alla pace e alla tolleranza e sia soprattutto un simbolo di libertà. Una libertà che per essere vera deve essere responsabile e coraggiosa. Ci sono tanti modi di intendere la libertà: gli insorti delle Cinque Giornate scelsero il modo migliore: la libertà generosa, la libertà per il bene comune. Ed è la scelta che noi oggi rinnoviamo e portiamo avanti con il nostro impegno.