Disuguaglianza, coesione sociale, questione educativa, contrasto al degrado delle periferie, sono stati alcuni dei temi discussi nel corso dell’incontro del Comitato di indirizzo con i rappresentanti delle Organizzazioni del Terzo settore, tenutosi a Palazzo Marino nell’ambito tavoli di confronto previsti da Milano 2046.
L’incontro è stato aperto da un’esposizione dei punti cardine delle attività progettuali: guardare al futuro mettendo a fuoco i “perché” piuttosto che concentrarsi soltanto sul “come” e sul “cosa”, seguendo l’esempio delle tante metropoli che nel mondo hanno deciso di elaborare in modo progettuale scenari auspicabili per il loro futuro remoto.
Milano 2046 intende guardare al futuro attraverso la cornice del Bes, in modo da avere una visione complessiva di qualità e benessere possibili per i cittadini.
Questi presupposti hanno positivamente sollecitato i partecipanti, i quali, a partire dal loro punto di visione della società, hanno anzitutto messo l’accento sulla necessità di ridurre le disuguaglianze sociali, questione che si lega in modo stretto a quella della coesione sociale. I dati di miglioramento complessivo delle condizioni economiche nascondono in verità un aumento della forbice sociale. Il tema dell’inclusione viene usualmente anteposto a quello della coesione. Se invertissimo questa priorità, è stato ipotizzato, forse agiremmo in modo più efficace anche su disuguaglianza ed esclusione: una città più coesa è infatti anche una città necessariamente più inclusiva.
Di seguito, in sintesi, ecco alcune delle considerazioni dei nostri ospiti.
Per promuovere coesione e inclusione occorre operare lungo due direttrici opposte e complementari: quella della governance e della pianificazione in una prospettiva di città metropolitana, e quella dell’attenzione ai quartieri.
Il volontariato, già così presente nella nostra comunità, deve essere sostenuto e promosso quale fattore di promozione della cittadinanza attiva e di diffusione sul territorio di momenti di integrazione sociale.
La sensibilità a quanto accade alle componenti più deboli del corpo sociale, come anziani e disabili, deve avere come oggetto questioni come quelle della mobilità, della cura, della possibilità di contare su sostegni esterni. La prospettiva di una visione di lungo periodo, in particolare per i disabili, risulta pressoché impossibile, tanto pressanti risultano le urgenze del presente, la fatica delle famiglie, lo stesso invecchiamento, fattore che in questo caso comporta difficoltà enormi che attengono la gestione del quotidiano e la stessa sopravvivenza.
Recenti indagini realizzate a livello cittadini indicano che l’85% degli intervistati dichiara di non avere fiducia negli altri. È un dato allarmante, la sfiducia nel prossimo si può contrastare solo promuovendo la relazione e lo scambio con l’altro. Relazione è sinonimo di educazione. Il tema educativo deve avere un’attenzione primaria. Il sistema scolastico prende in carico i ragazzi nel loro periodo di sviluppo più delicato, senza avere un progetto educativo messo a sistema. L’educazione dei nostri giovani non può essere lasciata al caso o alla buona volontà dei singoli. Quando gli insegnanti, e gli adulti che sono in relazione con i ragazzi, vengono formati alla relazione educativa, questo ha un riflesso positivo immediato sul loro comportamento. Occorrerebbe promuovere, in tutte le realtà associative che coinvolgono i giovani, attività di formazione alla relazione. Gruppi di relazione prima ancora che gruppi di azione impegnati in qualche attività. Le capacità di relazione non sono una dote naturale, possono essere insegnate e fatte acquisire. L’esperienza, il vissuto, orientano il pensiero: solo esperienze di buone relazioni con gli altri possono aprire alla fiducia nel prossimo quell’85% di diffidenti.
Milano è una città faticosa. Apparentemente è smart, piena di occasioni, ma solo per coloro che hanno l’energia necessaria e possono viverci bene. Faticosa economicamente, faticosa per il tempo lavorativo che assorbe quello da dedicare alla famiglia e ai figli. Faticosa burocraticamente. Questa faticosità provoca impoverimento culturale e relazionale a partire dai nuclei familiari.
Non porre attenzione a queste dinamiche significa rischiare che anche nella nostra città trovi spazio il degrado di certe metropoli, in cui esistono ghetti, zone di devastazione umana.
Milano ha il vantaggio di essere una città “piccola”. Questo può favorire lo sviluppo e la ridistribuzione di servizi e residenzialità.
Altre questioni decisive sono quelle dell’attenzione all’emergenza ambientale e del superamento della contrapposizione tra cosmopolitismo e provincialismo, già percepibile spostandosi dal centro di Milano fino ai paesi della provincia.
Un futuro in cui nella nostra città si riducano le disuguaglianze, aumentino le occasioni di benessere personale e collettivo, migliorino le condizioni di vita nelle periferie e cresca la coesione sociale, è l’obiettivo che ispira le ipotesi progettuali di Milano 2046, le quali trovano piena adesione da parte delle Organizzazioni del Terzo settore. I giovani, viene sottolineato in ultimo, devono essere al centro della progettazione al futuro della nostra città, sia come protagonisti, sia come destinatari.
L’incontro si è concluso con l’auspicio di unire i tavoli di confronto con le diverse realtà cittadine, in modo da contaminare i punti di vista e aumentare la possibilità di elaborare progetti innovativi.
Il Comitato di indirizzo di Milano 2046 ha raccolto grande apprezzamento per la sua iniziativa, che è stata definita coraggiosa per visione e obiettivi.